giovedì 1 novembre 2007

Rari momenti di consapevolezza

Capita, a volte, che tutto il mondo che noi conosciamo, tutto ciò che noi conosciamo come mondo, sparisca dalla nostra mente. La nebbia si dirada, e di colpo ci ritroviamo affacciati su un panorama che non avevamo mai visto, anche se è sempre stato là, davanti a noi.
Capita che ti ritrovi fuori dal tuo corpo, ma non nel senso che avverti una presenza estranea dentro di te. E’ come se tu, qui ed ora, fossi veramente ciò che sei. Ti ritrovi nudo, e la tua nudità ti consente di entrare in contatto con il mondo in cui vivi. Così puoi lasciarti toccare dal vento, e sentire il suo sapore. E puoi lasciarti toccare dalla luce e respirare il suo odore. Ti trovi in un punto preciso del tempo e dello spazio. Sei collocabile in una determinata posizione geografica. Ma in realtà trascendi queste coordinate, perché tu sei tu, finalmente, assolutamente e magnificamente. E il mondo che guardi, respiri, odori, tocchi è il mondo. Oltre la nebbia, oltre il vuoto, oltre se stesso.
Capita troppe poche volte, ma quando accade… quando accade è come una nuova nascita, è come morire e sentirsi ancora lì.
Io li chiamo rari momenti di consapevolezza.
Può essere qualcosa di apparentemente banale a scatenarli. La visione di un film, la frase letta in un libro, lo sguardo di uno sconosciuto per strada, un sogno ad occhi aperti. Un momento prima eri una persona, un momento dopo sei un altro. Cammini per strada, ma è come se danzassi sul marciapiede. Anzi, i piedi per terra nemmeno li metti, stai sospeso. E cammini, ma non cammini come fai tutti i giorni, col passo rapido di chi deve andare da qualche parte. Perché tu non devi andare da nessuna parte.
Perché tu sei tu. E lo sei ora, qui e adesso.
Ma un momento prima non lo sapevi, e forse non l’hai mai saputo. E allora cammini, e ti lasci toccare dalla vita, in ogni parte del tuo corpo. E ti ricordi di avere un corpo, e che ogni sua parte è meravigliosamente unica, è meravigliosamente tua. Ma non sei solo questo. Partecipi di ciò che ti circonda. Sei nell’aria che respiri. E continui a camminare, senza sapere dove stai andando, lasciandoti guidare da visioni, scorci di palazzi mai visti, là dove tira il vento, oltre uno sguardo morto che non ti appartiene più. La gente ti passa accanto. Parlano, pensano, camminano. E sono sorprendentemente ignari di tutto. Percepisci la loro pesantezza. Non stanno vivendo. Sono in trance, come tu lo eri un momento fa, prima di svegliarti.
Capita che vai avanti così, senza meta, di strada in strada, inseguendo il vento. E trovi regali inaspettati, cose mai viste, e il tuo sguardo non è mai pago di visioni inattese. E tu non pensi, perchè qualsiasi pensiero non ha senso, tutte le cose della vita non hanno senso se tu provi a dargliene uno. Se cerchi il senso non lo sei. Se cerchi un cerchio stai fuori dal cerchio. O sei dentro, ma non lo sai. Il mondo gira, ma non t’importa. Hai smesso di cercare l’universo. Tu sei l’universo. Qui e adesso.

Era da tempo che non mi capitava un raro momento di consapevolezza. Oggi è accaduto questo, alle 17.15 di questo piovoso giovedì di novembre. Fuori dal cinema Fiamma, a Roma. Dopo aver visto Un’altra giovinezza di Francis Ford Coppola. Un film che parla di eternità.