venerdì 31 ottobre 2008

La crisi è meravigliosa

Perché mai un telespettatore, dopo aver seguito un tg, dovrebbe scoraggiarsi?
Vi risulta forse che stiamo attraversando una grave crisi economica? No. C’è forse qualche problema relativo alla scuola pubblica? No. I ricercatori delle università italiane hanno forse qualche motivo per lamentarsi? No. Siamo un paese in cui ogni giorno muoiono almeno un paio di persone sul lavoro? No. La nostra compagnia di bandiera è appena fallita? No.
E allora? No, dico questo perché il nostro presidente del consiglio ha testualmente detto:
“La Rai diffonde ansia e pessimismo. Interverrò perché la tv dia serenità.”

Ecco la divertente risposta del giornalista di Repubblica Sebastiano Messina:

L’ottimismo a reti unificate
Come può, la Rai, “cooperare con il governo per diffondere serenità”? E’ semplice. Intanto seguendo l’esempio di Mediaset, ovvero mettendo in cantiere film ispirati a un roseo ottimismo governativo. Qualche esempio: “La crisi è meravigliosa”, “Come perdere un milione di euro e vivere felici”, oppure “007 il lavoro può attendere”.
Poi bisogna dare una bella aggiustatine ai programmi in palinsesto, perché spargano un po’ di sana allegria tra i telespettatori. Cominciando da Raitre, naturalmente. Il programma di Fabio Fazio si chiamerà da ora in avanti “Che bel tempo che fa”, “Agrodolce” verrà ribattezzato “Squisito” mentre “Un giorno in pretura” diventerà “Una domenica al luna park”. Raidue dovrà cancellare “Delitti irrisolti”, sostituendoli con “I misteri di Babbo Natale”. Quanto a Raiuno, è già in regola. L’unica novità sarà la nuova trasmissione del sabato sera: “Carfagna, che fortuna!”.

mercoledì 29 ottobre 2008

L'oceano in un bicchiere

Basta una banalità (l’impossibilità di essere presente alla laurea di un mio amico perché vivo a qualche centinaio di chilometro di distanza) per farmi sentire impotente di fronte a una realtà che spesso dimentico: non mi basterebbero cento vite per ripagare gli altri dell’amore che ho ricevuto. E tutto ciò che faccio è troppo poco. Sono un piccolo bicchiere su cui è stato riversato un oceano d’amore. E non potendone contenere più di una certa quantità, perché il resto trabocca, posso restituirne solo una minima parte. Forse un giorno esploderò, e le mie pareti di cristallo si trasformeranno nel fondale caldo e accogliente dell’Atlantico. E poi evaporerò, restituendo al cielo quel che mi ha donato attraverso l’incontro con le persone che hanno accompagnato il mio cammino.

martedì 28 ottobre 2008

Il mio romanzo - Giorno 3

Domenica 26 ho iniziato a scrivere il mio romanzo. Sono entrato nella vita di Andrea, il mio protagonista, mentre si trovava su una spiaggia indiana, in un'altra domenica 26 di quattro anni fa.
Io e Andrea ci conosciamo da quasi tre anni. Da quando si presentò a casa mia e mi chiese di raccontare la sua storia. Io mi sono seduto, e l’ho ascoltato. Ho cercato di capire chi fosse, quali emozioni volesse trasmettermi, perché avesse l’urgenza di raccontarmi la sua vita. Ho imparato a conoscere sua moglie, suo figlio, i suoi amici, i suoi colleghi, la città dove è nato e i paesi che ha visitato. Parlavamo la mattina presto, appena svegli. O la sera, durante la cena. O di notte, nei sogni. E a poco a poco ho imparato a conoscere i suoi pensieri, il suo punto di vista sul mondo, il suo amore per i viaggi e le partite di tennis, l’eccezionale acume con cui analizza le persone ma anche la fragilità che nasconde dietro il suo sarcasmo. Voleva che io scrivessi subito, che iniziassi a raccontarlo dal principio alla fine. Ma io gli ho spiegato che sono uno scrittore, non un biografo. Non potevo limitarmi a copiare la storia che mi avrebbe raccontato. Dovevo rielaborarla, strutturarla, farla mia. Trasformare in narrativa, attraverso l’uso magico delle parole, ciò che per lui era vita vissuta. Andrea ha sbuffato. Non capiva. L’unico racconto che ha scritto nella sua vita era di un solo rigo. Poi però ha compreso, quando gli ho spiegato che i romanzi sono come il vino: hanno bisogno di fermentare, di crescere nella testa di uno scrittore. Devono prendere aria, alimentarsi dell’ossigeno dell’esperienza, lievitare lentamente.
Ora l’attesa è finita. Andrea mi ha salutato ed è tornato nel suo mondo (esisterà un mondo parallelo in cui vivono i personaggi?), lasciandomi solo, di fronte alla pagina bianca, e a quella meravigliosa e terrificante scritta che è: Capitolo 1. In realtà non mi ha abbandonato. E’ sempre accanto a me, nel pensiero. Ed è felice, perché sto raccontando la sua storia. Anche se nessuno ancora la conosce, anche se prima che io finisca di scriverla passeranno varie stagioni. E io mi sento come una donna incinta che ha appena iniziato i nove mesi di parto. Dentro di me c’è un potenziale bambino che io dovrò alimentare, settimana dopo settimana, e far crescere con amore e dedizione. Finché un giorno, quando tutte le parti del bambino saranno complete, potrò finalmente partorire… (si spera nelle librerie d’Italia), e da quel momento il mio bambino non sarà più solo mio, ma sarà di tutti quelli che vorranno leggerlo. Ma è così lunga la strada e così difficile il cammino che per adesso posso solo sognare. E scrivere di Andrea… l’uomo che un giorno bussò alla mia porta e mi chiese di raccontare la sua storia.

domenica 19 ottobre 2008

Basta un telecomando

Qualcuno dice che la televisione fa schifo (per usare un eufemismo). Ed è pronto a scaraventare il televisore fuori dalla finestra di casa (conosco chi l’ha fatto) rivendicando il diritto di crescere i propri figli senza l’infernale mezzo di perdizione!
Qualcun altro dice che si stava molto meglio prima, quando invece di rimbambire davanti a uno schermo, ci si rilassava leggendo un bel libro…
Qualcun altro inveisce contro i programmi spazzatura, ribadendo disgustato che “L’isola dei famosi” o “Amici” o “Il grande fratello” sono il risultato della degenerazione socio-culturale del nostro secolo.
Peccato poi che i primi si ritrovano con dei figli sociopatici presi di mira dai compagni di classe che li sfottono perché non sanno cosa sia Striscia la notizia e non hanno mai visto un GP di Formula 1 in tv, e non conoscono il Dottor House né la faccia di Piero Angela né la pubblicità del Mulino Bianco
I secondi invece anziché leggere un bel libro se ne stanno davanti alla tv a guardarsi La Signora in giallo (come se fossero costretti).
E i terzi conoscono ogni minimo particolare di quello che criticano: infatti sono i primi spettatori dei programmi contro cui inveiscono.
Io dico che siamo diventati pazzi! Dico che la verità è talmente banale che anche un bambino di quattro anni saprebbe spiegarvela (vi sorprendereste dell’acume di certi bambini di quattro anni, che a volte sono più maturi dei trentenni genitori). Dico che la televisione è un mezzo, tutto qui. Come la radio, il cinema, la stampa… E che ognuno di noi è dotato della libertà di farne quello che vuole.
Se la televisione ti offre programmi che ti interessano, guardali.
Se non te li offre, non guardarli.
Se ti va, accendila.
Se non ti va, tienila spenta.
Puoi guardarla una volta al mese o sette ore al giorno. Dipende solo da te. Perciò non mi venire a dire che non sopporti un certo programma. Se non lo sopporti vuol dire che lo guardi. Perché se non lo guardassi non avresti nulla da sopportare o non sopportare.
Una volta un tizio mi fa: “Io odio i programmi della De Filippi! E tu?”
E io gli rispondo: “Io no. Non li guardo, quindi non li conosco, e non posso odiare qualcosa che non conosco.” Il punto è questo. Perché guardare qualcosa che non ci piace solo per il gusto di criticarla? Siamo davvero così masochisti?
Io guardo solo ciò che amo. Così non mi sento costretto a odiare niente. E’ semplice, no? Basta un telecomando.
A volte vorrei che fosse così anche con gli uomini. Che bastasse un telecomando per dimenticare le persone che ci hanno fatto del male. Cancellare dal nostro palinsesto televisivo i torti subiti e le offese ricevute. Eliminare lo sgradevole e l’insopportabile. Ma poi penso che se Dio non ci ha concesso questa possibilità, è proprio perché la vita non è qualcosa che puoi accendere e spegnere a tuo piacimento. E non sei tu a stabilire chi incontrerai e chi no, chi conoscerai e chi noi, chi ti amerà e chi no. Ogni incontro è un dono che ti viene recapitato perché tu ne faccia buon uso. E qualsiasi effetto porti (sopportabile o insopportabile, gradevole o sgradevole) ha la conseguenza di farti fare un passo in avanti nel cammino che porta alla conoscenza di te stesso. Se bastasse un telecomando per eliminare quello che non ci piace della nostra vita, tutto sarebbe più facile ma anche più vuoto. Fortuna che non è così.


venerdì 17 ottobre 2008

Presidenti a confronto


«La sola cosa di cui gli americani devono avere paura, è la paura stessa.»
(Franklin Delano Roosvelt)

«Non domandare al tuo Paese cosa può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il tuo Paese.»
(John Fitzgerald Kennedy)

«Non dobbiamo temere il futuro, perché siamo noi, il futuro.»
(Ronald Reagan)

«La cosa migliore di questi otto anni di presidenza è stata la trota da venticinque chili che ho pescato nel lago del mio ranch.»
(George W. Bush)

domenica 12 ottobre 2008

La Bibbia giorno e notte e l'i-pod divino

Si è conclusa ieri mattina una delle esperienze mediatiche più importanti di sempre: la lettura integrale della Bibbia. La più lunga diretta televisiva della storia della televisione.
Più di 1.200 lettori di età, sesso, nazionalità e religione diverse si sono succeduti al leggio posto in Santa Croce in Gerusalemme a Roma, per leggere (con le sole, poche, interruzioni di canti sacri) i 46 libri dell’Antico Testamento e i 27 libri del Nuovo Testamento. Una maratona durata sette giorni e sette notti, inaugurata da Papa Benedetto XVI col primo capitolo della Genesi e chiusa dal cardinale Tarcisio Bertone con l’ultimo brano dell’Apocalisse.
Al di là di quello che è stato detto e di quello che si potrebbe dire, chi prende le frequenze di Rai Educational ha avuto la possibilità di accendere, a qualsiasi ora del giorno e della notte, il televisore, sintonizzandosi sulla Parola di Dio.
La parola del Padre, proclamata con le voci diverse dei diversi uomini che popolano la Terra, è stata un leit motiv che ha fatto da colonna sonora alla vita di milioni di persone, durante l’ultima settimana. Come una musica di sottofondo che accompagna la gente mentre lavora, mangia, scrive, legge, dorme e sogna. Un flusso ininterrotto. Una voce sussurrata all’orecchio che non si stanca mai di dirci quanto ci ami.
Riflettendo su quanto la musica accompagni i nostri movimenti e le nostre giornate, soprattutto dopo la diffusione di i-pod e lettori mp3, ho immaginato ragazzi che mentre fanno jogging, o camminano per strada, o prendono la metropolitana, si sintonizzano col loro i-pod “divino” sulla parola di Dio. E la ascoltano, come fosse musica, guardando negli occhi le persone che incontrano, quelle che sfiorano, quelle che vedono sedute o in piedi, silenziose o urlanti, sorridenti o pensierose. E quando tornano a casa non staccano l’i-pod dalle orecchie, ma lasciano che il flusso di parole scorra, anche mentre mangiano, anche mentre studiano, perfino quando vanno a dormire. E dopo un po’ nemmeno le parole contano più, rimane solo la voce, quella che parla al cuore e non all’orecchio, quella che anche nel sonno, quando il cervello va a dormire, continua ad accarezzare l’anima. Ogni giorno, ogni notte. Fino a quando ci si dimentica perfino di avere l’i-pod alle orecchie. Perché ormai fa parte di noi.
Se tutto ciò è un’utopia, sarebbe bello che quello che è accaduto questa settimana avesse comunque risvegliato nei cuori sopiti degli uomini il desiderio di riscoprire la Parola. Magari leggendola la mattina, prima di andare all’università, o la sera, quando si torna da lavoro. Come una piccola sorsata d’acqua rigenerante tra una fatica e l’altra. Come la Nona di Beethoven ascoltata in pausa-pranzo. Se non altro, quest’avventura televisiva ci ha ricordato che, quando vogliamo, possiamo “accendere il televisore biblico” e ascoltare Dio (basta recuperare il libro delle sacre Scritture che teniamo sullo scaffale in alto a destra pieno di polvere). Senza limiti d’orario. Ovunque ci troviamo. Giorno e notte.