sabato 28 giugno 2008

La voce e i corpi, lassù tra le stelle

Stavano dietro le quinte. Nessuno conosceva i loro volti. Eppure, con il loro lavoro, sono entrati nelle nostre vite e ci hanno tenuto compagnia, per tanti anni. Una voce, quella di Claudio Capone. I corpi, quelli creati da Stan Winston. Vi dicono qualcosa i loro nomi? Probabilmente no.

La voce è quella che ha accompagnato i servizi di Superquark. Nonché la voce di documentari di storia e archeologia andati in onda sulla Rai e su La 7. Capone ha anche doppiato il Ridge (Ron Moss) di Beautiful, il reverendo Eric Camden (Stephen Collins) de Il settimo cielo, l’ispettore Barnaby, Francesco Giuseppe nella trilogia di Sissi. Nonché varie volte John Travolta, Chuk Norris, John Malkovich. Ma soprattutto, per gli amanti del cinema, è stato la voce italiana di Luke Skywalker (Mark Hamill) nella prima trilogia di Guerre stellari. Ci ha lasciati presto, a soli 55 anni, senza preavviso, orfani della sua voce.

I corpi sono quelli delle creature realizzate da Stan Winston per il cinema. Mago degli effetti speciali, creatore di personaggi entrati nel nostro immaginario, come Terminator, Predator, Edward mani di forbice, nonché dei dinosauri di Jurassic Park e dei robot di A.I. – Intelligenza artificiale, e curatore degli effetti speciali di Aliens – Scontro finale (per cui ha vinto un Oscar) e Big Fish. Continuerà a creare personaggi in animatronic che popolano storie cinematografiche da lassù, essendosene andato, dopo una lunga malattia, a 62 anni.

Mi piace immaginarli insieme, seduti attorno a un fuoco tra le stelle, a raccontarsi storie con la passione dell’Edward Bloom di Big Fish, o a tenere spettacoli per i bambini. Winston muove le sue creature come marionette, e dietro di lui Capone le doppia in italiano, come fossero all’opera dei pupi. Poi, finito lo spettacolo, mentre i piccoli tornano a nanna, si rilassano facendosi tagliare i capelli da Edward mani di forbice, e quando vanno a dormire, anziché augurarsi la buona notte, si ripetono l’un l’altro: “che la forza sia con te.” Noi, da quaggiù, possiamo solo offrire loro il nostro grazie.


martedì 24 giugno 2008

News dal mondo di Truman (5)

NEWS.
Secondo fonti attendibili, Vittorio Sgarbi ha partecipato a una trasmissione televisiva intervenendo su tutti gli argomenti discussi senza mai alzare il tono della voce. Anzi, quasi sussurrando le parole, a tal punto che il presentatore lo ha invitato a parlare un po’ più forte perché non si capiva quello che diceva. La registrazione del filmato è reperibile sui principali siti web di informazione.


NEWS.
Paris Hilton ha donato in beneficenza a un orfanotrofio del Maine metà del suo patrimonio. La notizia, rimbalzata su tutti i principali quotidiani del mondo, è stata resa nota dalla stessa ereditiera durante una conferenza stampa di presentazione del suo ultimo film. Voci di corridoio affermano che la diva abbia seriamente intenzione di cambiare stile di vita. Sembra che sia già in trattative per vendere la sua lussuosa villa con piscina e andare a vivere in un modesto appartamento nei sobborghi di Los Angeles.

giovedì 19 giugno 2008

Sulla strada di McCarthy

Un uomo e un bambino. Sulla strada. Dopo la fine del mondo. Un padre e un figlio. In una terra desolata. Camminano, per sopravvivere.

Una scrittura che è come musica. Scorre. Fluisce. La possibilità di raccontare una storia. Una storia che non sia necessariamente allegra. Una storia che assomigli alla vita vera.

E poi l’amore, silenzioso, verso un bambino che è carne della tua carne, sangue del tuo sangue. Che è la speranza di mantenere in vita una speranza. Ciò per cui vale la pena lottare, e sopravvivere, in un mondo di rovine.


Vuoi che ti racconti una storia?
No.
Perché no?
Il bambino lo guardò e poi distolse lo sguardo.
Perché no?
Quelle storie non sono vere.
Non devono essere per forza vere. Sono storie.
Sì. Ma nelle storie aiutiamo sempre qualcuno, mentre in realtà non aiutiamo nessuno.
Perché non me la racconti tu una storia?
Non mi va.
Ok.
Non ho nessuna storia da raccontare.
Potresti raccontarmi una storia che parla di te.
Le sai già tutte le storie che parlano di me. C’eri anche tu.
Ma dentro di te hai delle storie che io non conosco.
Cioè, come i sogni?
Per esempio. O anche le cose a cui pensi.
Sì, ma le storie dovrebbero essere allegre.
Non per forza.
Tu racconti sempre storie allegre.
E tu non ne hai di storie allegre?
Assomigliano più alla vita reale.
Invece le mie storie no.
Le tue storie no. Infatti.
L’uomo lo fissò. La vita reale è molto brutta?
Secondo te?
Be’, io dico che siamo ancora qui. Sono successe un sacco di cose brutte ma siamo ancora qui.
Già.
A te non sembra una gran cosa.
Boh.

Cormac McCarthy, La strada

sabato 14 giugno 2008

La voce della montagna

Trapani elettrici. Martelli pneumatici. Chiacchiere. Il rimbombo sordo di un rotore. Pale di elicotteri. Clacson. Urla sommesse. Urla gridate. Motorini. Marmitte. Lo scarico dello sciacquone. Ascensori che salgono. Battistrada sull’asfalto. La metro che arriva. Il bus che va. Tv accese. Radio. Muri penetratri da chiodi. Il fuoco acceso dei fornelli. Lambrette. Tacchi a spillo sul pavimento. Mobili spostati. Telefonini che squillano. Telefonini che vibrano. Rumori. Caos. Lancette dell’orologio. Il citofono che gracchia. Pugni che bussano alla porta. Squilli di telefono. Campanelli. Campanacci. Campari stappati. Fuochi d’artificio. Botti. Pistole che sparano in televisione. Vasi che si rompono. Libri che cadono. Centrifuga. L’acqua che sbatte sulle stoviglie. Il frigo che si apre. Stridolii. Strepiti. Lampadine fulminate. Città. E poi…

… ritrovarsi a duemila metri d’altezza. Nessuno nel raggio di chilometri. L’aria della montagna scortica la crosta della tua faccia metropolitana. Il vento sussurra agli alberi. Parole d’amore. Neve. Pensieri dispersi. Lo sgocciolio lento dell’acqua sulle cime degli alberi, sul confine sottile tra la punta di un ramo e l’aria del mattino. Sudore. Rugiada. Nembi che procedono più veloci dei tuoi passi. Il cuculo canta dal cuore della foresta. Alberi. Ruscelli. Nebbia oltre l’orizzonte. Bucaneve. Fili d’erba. La mente sommersa dall’infinito non contiene le parole. Straripano, e si disperdono per i sentieri che attraversi. Le lasci lì, a oziare. Ne perdi mille, poi cento, poi dieci. E te ne ritrovi senza. Nessuna parola. Solo il silenzio. Nessuna chiacchiera umana. Solo la voce di Dio. Su, fino alla vetta, dove il vento dimora nei giorni di burrasca. Dove più in là creatura umana non può andare. Solo le aquile, imperatrici del cielo. E nella nebbia fitta, vedere più di quanto hai mai visto. Non gli occhi mortali ti soccorrono, ma qualcosa che è dentro di te. E che non ha parole. Non ha odore. Non ha suono. Non ha colore. C’è, e basta. Come te. Come la voce della montagna che ti parla… e che ti dice piano cose che voi umani non potreste mai immaginare.

martedì 10 giugno 2008

Italia-Olanda fantareale

Ancora incerta la provenienza delle scorie radioattive con effetti allucinogeni che hanno contaminato il 99,9 % del territorio italiano nella serata di lunedì 9 giugno. Le scorie si sono propagate rapidamente da Torino a Trapani. Gli italiani colpiti sono stati vittime di un’allucinazione collettiva. Durante lo stato di allucinazione hanno percepito come reale una fantomatica vittoria dell’Olanda sull’Italia per 3 reti a 0, nella partita disputata a Berna e valevole per gli Europei di calcio. Non sono stati esenti dal contagio i giornalisti italiani, che hanno scritto inverosimili articoli sui quotidiani sportivi di martedì, riportando nei tabellini della partita le inesistenti marcature di Van Nistelroy, Sneijder e Van Bronckhorst. Per chi fosse stato contagiato dalle scorie e volesse ristabilire la verità dei fatti riguardo alla partita, basta comprare in edicola una copia dei quotidiani stranieri. Qui sono presenti articoli approfonditi sulla vera partita, realmente giocata a Berna, e vinta dall’Italia per 3-0, con le reti di Toni, Pirlo e Del Piero.

venerdì 6 giugno 2008

Il derepressus caraibicus

Durante una ricerca sugli animali in via d’estinzione, mi sono imbattuto nel Derepressus caraibicus.
Trattasi di un pesce d’acqua marina, di medie dimensioni e di colore grigio nerastro, che vive nei Caraibi. Il Derepressus è chiamato così per via del suo stato d’umore tendente alla malinconia. Statisticamente ogni membro maschio della specie tenta il suicidio almeno tre volte nella sua breve vita. Gli esperti attribuiscono il fenomeno alla crescente diminuzione di esemplari femmina, che costringono i maschi a faticose e spesso infruttuose performance nella stagione degli accoppiamenti. Durante il corteggiamento, il maschio del Derepressus gira su se stesso con piroette acrobatiche e movimenti frenetici delle pinne. Generalmente, chi riesce a rimanere in movimento più a lungo conquista la femmina. Gli altri rimangono soli, stremati e con un gran mal di testa.
Nell’ultimo decennio i tentativi di suicidio si sono decuplicati. La tecnica più diffusa è lo spiaggiamento volontario: facendo leva sulla sua straordinaria capacità di nuoto, il pesce si avvicina alle spiagge caraibiche e poi, con un balzo poderoso, schizza fuori dall’acqua lanciandosi verso la spiaggia. A contatto con l’aria, il Derepressus caraibicus si gonfia istantaneamente fino ad assumere l’aspetto di un pallone. Una volta atterrato sulla sabbia, rimbalza tre-quattro volte prima di fermarsi. Poi aspetta che subentri la morte per asfissia. Tuttavia, nella stagione estiva, i bambini che giocano sulla spiaggia lo scambiano per una palla e lo colpiscono, rigettandolo in mare. Ecco perché il 90 % dei tentativi non va a buon fine.