giovedì 31 maggio 2007

Herbert George Wells, lo scrittore veggente

Cosa poteva saperne, Herbert George Wells, del raggio laser? Niente. Il laser venne ipotizzato negli anni Cinquanta del secolo scorso come strumento di ausilio nell’analisi spettrografica. Eppure nel 1898 Wells scriveva:

Un fascio di luce, accecante e quasi privo di rumore, al cui passaggio un uomo restava senza vita; […] In qual modo gli abitanti di Marte possano così rapidamente e silenziosamente dare la morte è ancora oggetto di stupore. […] Essi proiettano tale calore intenso in un raggio parallelo contro ciò che vogliono, col mezzo di uno specchio parabolico […] Tutto ciò che è combustibile prende fuoco al suo contatto; il piombo diviene liquido come l’acqua, il ferro si rende molle, il vetro si fa in frantumi e si fonde, l’acqua si cambia immediatamente in vapore”.
(La guerra dei mondi)

Wells, che all’epoca aveva 32 anni, chiamò l’arma extraterrestre heat-ray, “raggio ardente”: il laser venne brevettato esattamente sessant’anni dopo.
Nel racconto The Land Ironclads Wells prefigurò invece l’invenzione del carro armato. Era il 1903: i primi tanks, ideati dagli inglesi, comparvero nel settembre 1916, durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1908, poi, lo scrittore preconizzò con amarezza l’avvento di un tempo in cui la morte sarebbe venuta dal cielo: mentre descriveva, in La guerra dell’aria, veicoli volanti che seminavano bombe, l’aeroplano era poco più di un mezzo sperimentale. Per non parlare della più triste delle profezie, quella evocata in The world set free:

Nulla avrebbe potuto essere più evidente, agli occhi degli uomini dei primi anni del ventesimo secolo, della velocità con cui la guerra stava diventando impossibile. E di certo nessuno se ne avvide. Nessuno, finché le bombe atomiche non bruciarono nelle loro maldestre mani”.

Queste righe vennero scritte nel 1914, ma lo scrittore visse abbastanza a lungo per vederle purtroppo diventare realtà.
Da cosa Wells trasse le proprie capacità profetiche? Di certo fu aiutato da un’indole razionale, alimentata da studi scientifici; ma non da meno furono la fiducia nelle proprie capacità e la caparbietà: doti che gli permisero, nonostante gli handicap iniziali, di emergere dal mucchio.

Articolo tratto da Sentieri selvaggi.it




sabato 26 maggio 2007

Io appartengo a Gesù

Come già detto, prima della rivincita con gli inglesi dentro di me mi ripetevo che, se esisteva una giustizia divina applicata allo sport, dovevamo riprenderci ciò che ci era stato tolto due anni fa. Che fossimo quasi "benedetti" dal cielo mercoledì sera lo hanno fatto capire tante cose. A me piace ricordare alcuni gesti dei giocatori del Milan:

Clarence Seedorf al termine della partita ha mostrato una maglietta con la foto di una bambina. Si trattava della figlia di un amico, da poco salita in cielo.

Filippo Inzaghi ha dedicato i suoi gol ad Alberto D'Aguanno, giornalista di Mediaset e suo amico, scomparso di recente.

Massimo Ambrosini ha indossato a fine partita una maglietta dedicata “alla mia parrocchia, quella del Cristo Re. Perché ci si deve ricordare sempre da dove si è venuti”.

Ricardo Kakà, come sempre, ha dedicato la vittoria "a Dio, che mi ha concesso questa grande gioia". Nella foto sotto lo vedete mentre prega in mezzo al campo a fine partita. Sulla maglietta si legge:

I BELONG TO JESUS (IO APPARTENGO A GESU')

venerdì 25 maggio 2007

Trauma rimosso

Esattamente due anni fa. Istanbul. Finale di Champions League: Milan-Liverpool. Fine del primo tempo. Vinciamo 3 a 0. Già preparo i festeggiamenti, pregusto il fischio finale, visualizzo Maldini che alza al cielo la coppa.

Finisce l’intervallo. Le squadre tornano in campo. Qualcosa non va. Qualcosa è cambiato. Lo capisci nell’aria. Lo senti. Il Liverpool fa il 3 a 1. Passano pochi minuti. Il Liverpool fa il 3 a 2. Passano due minuti. Il LIverpool fa il 3 a 3. Stordito e incredulo, aspetto di svegliarmi da un momento all’altro. Non mi sveglio.

Si va ai supplementari. Poi ai rigori. Un clown travestito da portiere ne para più del dovuto. Perdiamo. La coppa va al Liverpool. Io cerco ancora di svegliarmi. Invano.

Il giorno dopo la peggior disfatta sportiva della mia vita di tifoso un unico pensiero mi attraversa la mente: “se esiste una giustizia divina anche nel calcio un giorno ci sarà restituito ciò che ci è stato ingiustamente tolto. Un giorno torneremo a giocarci la finale contro il Liverpool, e ci riprenderemo quella coppa che abbiamo perso.”

Ma esiste una giustizia divina anche nello sport?

Shevchenko, il giorno dopo la finale, ha commentato amaro: “Il calcio dà e il calcio toglie.” Si riferiva a ciò che era successo due anni prima, a un’altra finale, ad altri rigori. Ma per capire bisogna partire da lontano. Facciamolo.


Carlo Ancelotti è l’allenatore della Juventus. Tranquillo, educato, gentile, mai sopra le righe. Gioca due campionati sulla panchina della Juve. Rimane in testa fino alla penultima giornata ma, in entrambe le occasioni, viene rimontato e perde lo scudetto all’ultima partita. L’unica pecca che gli si potrebbe imputare è quella di essere stato molto sfortunato. Ma la dirigenza della Juventus non la pensa così ed esonera Ancelotti. Alcuni pseudo-tifosi rincarano la dose con uno striscione eloquente: “Un maiale non può allenare una squadra di calcio”.

Ancelotti non reagisce. Incassa da gentiluomo e accetta la situazione.

Due anni dopo, nel 2003, Ancelotti è l’allenatore del Milan. E il Milan arriva al traguardo più prestigioso: la finale di Champions League. Avversario? Ma naturalmente la Juventus, quella squadra che lo aveva ingenerosamente cacciato.

Ebbene: il Milan vince.


Il calcio dà, il calcio toglie.


La vittoria del Milan sulla Juve arriva ai rigori. Il rigore decisivo, quello che ci dà la coppa, lo realizza Andrij Shevchenko.

Due anni dopo, nella finale di Istanbul, il Milan perde ai rigori (chi di rigori ferisce, di rigori perisce). E chi è che sbaglia il rigore decisivo? Lui, Andrij Shevchenko.


Il calcio dà, il calcio toglie.


Nella finale di Istanbul Filippo Inzaghi era in tribuna, rammaricato di non poter aiutare i suoi compagni in campo. Due anni dopo, ad Atene, Inzaghi arriva a giocare da titolare quella gara che aveva “mancato” sul Bosforo, con gli stessi avversari.

Risultato: Inzaghi fa due gol, il Milan vince.


Il calcio dà, il calcio toglie.


Quante probabilità ci sono che in una competizione agguerritissima, dove è quasi impossibile arrivare in finale con una certa continuità, e dove da trent’anni si assiste a finali che vedono fronteggiarsi avversari sempre diversi, a soli due anni di distanza si rincontrino le stesse due squadre, Milan e Liverpool? Poche, pochissime. Eppure il destino ha concesso al Milan l’opportunità di cogliere una rivincita storica. Il Milan non poteva perdere, era scritto che il Milan dovesse riprendersi la coppa. Contro il suo incubo. Contro il Liverpool.

Poi possiamo pensare ad altri segni: il teatro di questa rivincita è stato Atene, e ciò non è casuale. Proprio Atene, la città degli dei dell’Olimpo, per riparare a un torto “divino”. Proprio Atene, dove 13 anni prima il Milan aveva vinto un’altra finale di Champions, contro il Barcellona. Proprio Atene, dove per l’ultima volta i vincitori avevano alzato la coppa in tribuna, in mezzo al popolo. Dall’anno successivo la premiazione fu spostata sul campo. Il neo presidente della UEFA Michel Platini ha ora ripristinato la vecchia consuetudine. E c’è ancora il Milan, e siamo ancora ad Atene.

Casualità, coincidenza, fato? No, la giustizia divina esiste anche nello sport.


Il calcio dà, il calcio toglie.


C’era soltanto un modo per rimarginare quella ferita aperta, per scacciare via gli incubi, per rimuovere quel maledetto trauma che aveva accompagnato noi milanisti per due anni. Rigiocare una finale, rigiocarla con gli stessi avversari, batterli. Mercoledì sera lo abbiamo fatto. Da ieri la parola Liverpool non rappresenta più un incubo. Dai ieri siamo campioni d’Europa. Per chi crede nei sogni. Per chi crede che il destino ti concede sempre un’opportunità di riscatto.



lunedì 21 maggio 2007

Agli amanti distanti

Quell’incolmabile distanza che separa corpo e anima di due persone lontane, è una lenta agonia che si consuma e che consuma chi la vive.
L’anima non può essere separata dal corpo, è negli occhi che si riflette il suo volto, e un pensiero non è completo senza gesto che lo manifesti, perché il gesto è il corpo del pensiero.
Il valore di uno sguardo non è sostituibile.
Il peso di una carezza è inimitabile.
Due corpi vicini innescano scintille, tra due corpi lontani c’è solo gelo.
La vicinanza aiuta a conoscere, il contatto a capire.
La lontananza uccide perché cancella. Tutto sbiadisce e diventa incolore, tutto si allontana. La nebbia prevale e copre ogni cosa.
Per quanto vicina possa essere l’anima, e i suoi fratelli cuore, mente e spirito, senza corpo tutto è astratto e vago.
Se non c’è contatto non c’è unione. Senza unione manca l’armonia. E senza armonia l’anima è una nuvola che vaga alla ricerca di un cielo in cui dimorare.



domenica 13 maggio 2007

Identità

Stamattina mi sono svegliato nei panni di un’altra persona. Ho aperto gli occhi e ho appreso di essere Giulio Catanzaro. Questo tizio non lo conosco e non l’ho mai sentito nominare. Mi aggiravo in pigiama per una casa straniera ma dall’aspetto familiare. Cercavo di ricordare, ma invano.
Ho portato il mio volto a specchiarsi. Lo specchio sembrava vero, sincero nella sua immobilità. Ho guardato a lungo quel volto. Ho visto quei capelli biondi, quelle guance chiare, quegli occhi verdi, quelle labbra silenziose. Ho fissato quello sguardo, ma davanti a me c’era un estraneo.
Ho notato la presenza di un piccolo neo sul polso sinistro. Poi mi sono tolto un orologio che non mi apparteneva, e infine ho camminato, avanti e indietro, nel corridoio, nella speranza di riconoscere i miei passi.
Tutto, dalla mia carta d’identità ai libri sottolineati con una matita delicata, dalle fotografie ingiallite al comodino su cui si ergeva Il profeta di Gibran, parlava di me e certificava che io ero io e nessun altro.
Eppure ancora adesso continuo a non riconoscermi. Chi sarà mai questo Giulio Catanzaro di cui indosso il corpo? Un giorno forse mi addormenterò, e al mio risveglio avrò risposta.

martedì 8 maggio 2007

Benzina a metà prezzo? Ma quando mai...

Ci siete cascati!

Il post precedente, contenente una fantomatica proposta per ridurre il prezzo della benzina, era semplicemente un falso annuncio.

Si tratta di una delle tante e-mail inventate da anonimi perdigiorno, attribuite a chi non le ha mai scritte, e spedite con la classica formula della “catena di sant’antonio”.

Beppe Grillo in persona ha smentito di essere l’autore di tale messaggio.

Ecco la sua smentita ufficiale, pubblicata circa un anno fa:


Un mese fa circolava in rete un testo apocrifo a me attribuito pieno di stupidaggini su come boicottare le compagnie petrolifere e far scendere il prezzo della benzina. Ho subito smentito di essere l’autore di quel testo. Alcuni tra quelli che lo hanno diffuso hanno divulgato la smentita.

Io invece sono per alzare il prezzo dei carburanti e fra l'altro non ritengo gli olii vegetali un’alternativa valida al petrolio. Ecco cosa penso:


RADDOPPIARE IL PREZZO, DIMEZZARE IL CONSUMO: Le tasse sui carburanti non esistono per la malvagità dei ministri delle finanze. Anche se a volte in parte mal destinate, le tasse sui carburanti esistono per coprire almeno una parte dei costi diretti (costruzione e manutenzione delle infrastrutture) e indiretti (inquinamento, danni al clima e alla salute, incidenti, terapie) della mobilità privata motorizzata. Io sono favorevole a un piano graduale e programmato per raddoppiare in 10 anni il prezzo dei carburanti, anche di quelli vegetali oleosi. Raddoppiare il prezzo dei carburanti è il modo più efficace per indurre l’industria a produrre veicoli che consumino metà di quelli attuali, cosa già possibile da diversi anni.


ECOBILANCIO DEI BIOCARBURANTI OLEOSI PER AUTOTRAZIONE: In un ampio studio l’UBA, ufficio federale per l’ambiente (Germania), conclude che i carichi ambientali generati per produrre biocarburanti oleosi in Germania (uso di terreni agricoli, pesticidi, concimi chimici, macchine agricole, petrolio) non sono compensati dai vantaggi di questi carburanti.


BIOCARBURANTI OLEOSI SU LARGA SCALA: La popolazione mondiale aumenta, ma le superfici coltivabili no. Queste sono prevalentemente destinate alla produzione alimentare, che da vent’anni cresce meno di quanto cresca la popolazione. La decisione di destinare una parte di questa superficie ai biocarburanti per la mobilità privata motorizzata invece che alla produzione alimentare è una decisione sociale che va presa a livello globale (ONU, FAO) e nazionale (UE, governi, società civile).


BIOCARBURANTI RAGIONEVOLI: Esistono casi limitati e particolari dove l’ecobilancio dei biocarburanti è più favorevole. Esempio: - Alcoli (metanolo e etanolo) di origine agraria prodotti in paesi ad alta produttività (es. etanolo in Brasile) - Alcoli prodotti da fermentazione di scarti di produzione agricoli, alimentari o industriali - Carburanti oleosi autoprodotti da agricoltori in paesi o zone specialmente favorevoli oppure poco accessibili ai carburanti fossili e usati in motori diesel specialmente modificati (es. Ing. Elsbett).

giovedì 3 maggio 2007

Come avere la benzina a metà prezzo

A T T E N Z I O N E !

Dal Blog di Beppe Grillo parte un' iniziativa. Provare non costa nulla...


Anche se non hai la macchina, per favore fai circolare il messaggio agli amici.

Benzina a metà prezzo? Diamoci da fare...

Siamo venuti a sapere di un'azione comune per esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere.

Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a 1.50 Euro al litro. UNITI possiamo far abbassare il prezzo muovendoci insieme, in modo intelligente e solidale. Ecco come:

La parola d'ordine è "colpire il portafoglio delle compagnie senza lederci da soli". Posta l'idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie (sanno benissimo che, per noi, si tratta solo di un pieno differito, perchè alla fine ne abbiamo bisogno!), c'è un sistema che invece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.

I petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo, ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà. I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle aziende; bisogna usare il potere che abbiamo.


La proposta è che da qui alla fine dell'anno non si compri più benzina dalle due più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che peraltro ormai formano un'unica compagnia.

Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta meno), saranno obbligate a calare i prezzi. Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre dovranno per forza adeguarsi. Per farcela, però dobbiamo essere milioni di non clienti di Esso e Shell, in tutto il mondo.


Questo messaggio proviene dalla Francia, è stato inviato ad una trentina di persone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo trasmette a, diciamo, una decina di amici, siamo a trecento. Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così via.

Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato alla "settima generazione", avremo raggiunto e informato 30 milioni di consumatori! Fate arrivare dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto. Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare circa trecento milioni di persone in otto giorni!

E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare? Vaffanculo per un po' ai bollini e regali e baggianate che ci vincolano a queste compagnie.

Coraggio, diamoci da fare!