martedì 20 marzo 2007

Io reale, Io ideale e Dorian Gray

Dorian Gray è rimasto schiacciato dal conflitto da lui stesso creato, conflitto tra ciò che egli era veramente e ciò che avrebbe voluto essere. Il conflitto nato dalla dicotomia tra la percezione del suo Io, il suo volto sempre giovane, e il suo vero Io, il volto del dipinto, ha generato un vortice autodistruttivo che lo ha ucciso.
Noi facciamo la stessa cosa ogni giorno. Nel momento in cui ci creiamo una proiezione di ciò che vorremmo o dovremmo essere, creiamo il conflitto tra questa proiezione (mentale e dunque illusoria) e ciò che in realtà siamo. Il conflitto è destinato a crescere nel tempo, laddove ogni nostro sforzo è teso al raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati, e cioè il raggiungimento di quell’ideale cui aspiriamo.
Così nasce la paura, paura di non raggiungere l’obiettivo. E ci distacchiamo progressivamente dalla conoscenza di noi stessi, tutti presi dal desiderio di divenire qualcosa d’altro. Se smettessimo di pensare a chi dovremmo o vorremmo essere, cesserebbe il conflitto. Ritorneremmo ad essere semplicemente ciò che siamo, e accoglieremmo la sfida di comprendere noi stessi. Ma così non è, ci costruiamo modelli ideali a cui aderire. Il non raggiungere il modello ci provoca sofferenza, e se qualcuno ci fa notare che qualcosa non va in noi, il nostro Io la prende come un’offesa, perché noi crediamo di essere il nostro modello, che è sinonimo di perfezione, e non accettiamo di tornare alla dura realtà del nostro vero Io.


Io reale e Io ideale ci portano all’autodistruzione, esattamente come Dorian Gray. Siamo esseri scissi, incapaci di comprendere. Perché solo chi smette di cercare di divenire (qualcun altro) e incomincia ad essere (se stesso) può sperare di conoscere la stanza luminosa in fondo al tunnel dell’incomprensione.


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