Il Papa è morto,
il mio Papa è morto,
che gli uomini del mondo smettano di urlare.
Non voglio che abbassino la voce,
voglio che facciano silenzio,
perché in questa silenziosa sospensione
solo il mio grido di dolore
dall'universo possa essere accolto;
che si oda in fondo alle valli del peccato
che sorvoli i capi chini dei fedeli in preghiera
che scuota i monti con terribili echi
che baci i volti dalle lacrime rigati.
E quando il mio dolore non avrà più voce
che tutti continuino a fare silenzio
per consentirmi di varcare l'invisibile soglia
di quella porta che Lui mi ha spalancato,
dove il mio furente grido è un dolce sussurrare
con tremore al vento la parola speranza.
Ma oggi, superato il dolore della perdita, cosa rimane di Karol Wojtyla nei cuori di chi ha ascoltato la sua voce? Rimane quella frase, pronunciata molte volte, ripetuta come un mantra, presente nel Vangelo… “Non abbiate paura!” Ed io me la ripeto, ogni volta che tremo di fronte all’ignoto che mi si pone innanzi, ogni volta che no so dove andare, e sento la sua voce gridare alla folla: “Non abbiate paura!”
Non abbiate paura degli uomini, non abbiate paura di affrontare nuovi problemi, non abbiate paura di quello che non capite e di ciò che non conoscete, non abbiate paura di chi vi può comandare, non abbiate paura di chi vi fa del male, non abbiate paura della solitudine, non abbiate paura di chi non vi capisce, non abbiate paura di affrontare un cambiamento, non abbiate paura d’amare, non abbiate paura dell’imprevedibilità, non abbiate paura delle deviazioni, non abbiate paura del dolore, non abbiate paura della morte.
Lui ci aspetta là, nella casa del Padre, col sorriso di sempre.
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