giovedì 19 giugno 2008

Sulla strada di McCarthy

Un uomo e un bambino. Sulla strada. Dopo la fine del mondo. Un padre e un figlio. In una terra desolata. Camminano, per sopravvivere.

Una scrittura che è come musica. Scorre. Fluisce. La possibilità di raccontare una storia. Una storia che non sia necessariamente allegra. Una storia che assomigli alla vita vera.

E poi l’amore, silenzioso, verso un bambino che è carne della tua carne, sangue del tuo sangue. Che è la speranza di mantenere in vita una speranza. Ciò per cui vale la pena lottare, e sopravvivere, in un mondo di rovine.


Vuoi che ti racconti una storia?
No.
Perché no?
Il bambino lo guardò e poi distolse lo sguardo.
Perché no?
Quelle storie non sono vere.
Non devono essere per forza vere. Sono storie.
Sì. Ma nelle storie aiutiamo sempre qualcuno, mentre in realtà non aiutiamo nessuno.
Perché non me la racconti tu una storia?
Non mi va.
Ok.
Non ho nessuna storia da raccontare.
Potresti raccontarmi una storia che parla di te.
Le sai già tutte le storie che parlano di me. C’eri anche tu.
Ma dentro di te hai delle storie che io non conosco.
Cioè, come i sogni?
Per esempio. O anche le cose a cui pensi.
Sì, ma le storie dovrebbero essere allegre.
Non per forza.
Tu racconti sempre storie allegre.
E tu non ne hai di storie allegre?
Assomigliano più alla vita reale.
Invece le mie storie no.
Le tue storie no. Infatti.
L’uomo lo fissò. La vita reale è molto brutta?
Secondo te?
Be’, io dico che siamo ancora qui. Sono successe un sacco di cose brutte ma siamo ancora qui.
Già.
A te non sembra una gran cosa.
Boh.

Cormac McCarthy, La strada

2 commenti:

Unknown ha detto...

Come discorso sembra un po' surreale quello che c'è tra padre e figlio. Sia per la punteggiatura che salta da una riga all'altra sia per la visione così cupa di una cosa che dovrebbe alleggerire la vita come una storia raccontata a un bambino. "Dovrebbe alleggerire" uso il condizionale perché può capitare che non sia la solita favola per addormentarci ma che parli della nostra vita e di quello che ci portiamo delle nostre esperienze. Il momento di crescita, di passaggio all'età adulta, non sta allora nel capire che le storie vere su di noi possono far paura o rattristare ma nel fatto che se le stiamo raccontando vuol dire che per noi sono già passate e che quindi si vanno ad aggiungere ai racconti possibili.
Quello che dobbiamo saper cogliere è la speranza della vita che continua, delle strada che abbiamo davanti.

Questo brano mi ha incuriosito quasi quasi me lo leggo:)
a presto

Augusto

Giulio ha detto...

Grazie per l'intervento. La visione cupa di cui parli appartiene a tutto il romanzo. Il nichilismo aleggia in ogni pagina. Ecco perchè, dal punto di vista della storia, "la strada" non mi ha entusiasmato, preferendo altri tipi di racconti. Rimane però lo straordinario stile di McCarthy, secco, asciutto, preciso (non so se hai notato la mancanza di virgolettato nel dialogo).