sabato 27 settembre 2008

Cecità

E se la cecità diventasse una malattia contagiosa?
E si propagasse un’epidemia globale nel giro di pochi giorni?
E il governo mettesse in quarantena tutti i ciechi?
E poi i parenti dei ciechi? E gli amici dei ciechi?

Come al solito, dando una risposta affermativa a una domanda surreale, Josè Saramago costruisce una storia simbolica, metaforica, ma straordinariamente realistica. Fatta del sangue della vita vera ma rivestita della pelle di una sfrenata fantasia. Dove osservazione entomologa della realtà e sublime volo della fantasia si incontrano.
Cecità ci parla di quello che ognuno di noi può diventare in circostanze estreme. O meglio, di quello che ognuno di noi è (anche, non solo, ma anche): “In realtà deve ancora nascere il primo essere umano sprovvisto di quella seconda pelle che chiamiamo egoismo.
Ci parla della paura di morire: “Che dobbiamo morire, lo sappiamo sin da quando nasciamo, Perciò, in un certo senso, è come se già fossimo nati morti.
E ancor di più della necessità di guardare, ci parla della necessità di essere guardati, di avere accanto testimoni che confermino il nostro esserci nel mondo, qui ed ora: “Ci vedrò sempre meno, anche se non perderò la vista diverrò sempre più cieca di giorno in giorno perché non avrò più nessuno che mi veda.
Mentre il tempo scorre, seguendo coordinate che non sono le nostre, ma le sue: “E’ il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi, e ha in mano tutte le carte del mazzo, a noi ci tocca inventarci le briscole della vita, la nostra.
E se “la virtù trova sempre degli scogli nel durissimo cammino della perfezione” nel romanzo di questo straordinario narratore ci sono pochissimi scogli. La scrittura scorre, limpida, tenace, mentre la nostra mente cerca di rifugiarsi da qualche parte, provando disperatamente a negare ciò che è. Ma gli occhi ci tradiscono, perché “degli occhi abbiamo fatto una sorta di specchi rivolti all’interno, con il risultato che, spesso, ci mostrano senza riserva ciò che stavamo cercando di negare con la bocca.

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