domenica 12 ottobre 2008

La Bibbia giorno e notte e l'i-pod divino

Si è conclusa ieri mattina una delle esperienze mediatiche più importanti di sempre: la lettura integrale della Bibbia. La più lunga diretta televisiva della storia della televisione.
Più di 1.200 lettori di età, sesso, nazionalità e religione diverse si sono succeduti al leggio posto in Santa Croce in Gerusalemme a Roma, per leggere (con le sole, poche, interruzioni di canti sacri) i 46 libri dell’Antico Testamento e i 27 libri del Nuovo Testamento. Una maratona durata sette giorni e sette notti, inaugurata da Papa Benedetto XVI col primo capitolo della Genesi e chiusa dal cardinale Tarcisio Bertone con l’ultimo brano dell’Apocalisse.
Al di là di quello che è stato detto e di quello che si potrebbe dire, chi prende le frequenze di Rai Educational ha avuto la possibilità di accendere, a qualsiasi ora del giorno e della notte, il televisore, sintonizzandosi sulla Parola di Dio.
La parola del Padre, proclamata con le voci diverse dei diversi uomini che popolano la Terra, è stata un leit motiv che ha fatto da colonna sonora alla vita di milioni di persone, durante l’ultima settimana. Come una musica di sottofondo che accompagna la gente mentre lavora, mangia, scrive, legge, dorme e sogna. Un flusso ininterrotto. Una voce sussurrata all’orecchio che non si stanca mai di dirci quanto ci ami.
Riflettendo su quanto la musica accompagni i nostri movimenti e le nostre giornate, soprattutto dopo la diffusione di i-pod e lettori mp3, ho immaginato ragazzi che mentre fanno jogging, o camminano per strada, o prendono la metropolitana, si sintonizzano col loro i-pod “divino” sulla parola di Dio. E la ascoltano, come fosse musica, guardando negli occhi le persone che incontrano, quelle che sfiorano, quelle che vedono sedute o in piedi, silenziose o urlanti, sorridenti o pensierose. E quando tornano a casa non staccano l’i-pod dalle orecchie, ma lasciano che il flusso di parole scorra, anche mentre mangiano, anche mentre studiano, perfino quando vanno a dormire. E dopo un po’ nemmeno le parole contano più, rimane solo la voce, quella che parla al cuore e non all’orecchio, quella che anche nel sonno, quando il cervello va a dormire, continua ad accarezzare l’anima. Ogni giorno, ogni notte. Fino a quando ci si dimentica perfino di avere l’i-pod alle orecchie. Perché ormai fa parte di noi.
Se tutto ciò è un’utopia, sarebbe bello che quello che è accaduto questa settimana avesse comunque risvegliato nei cuori sopiti degli uomini il desiderio di riscoprire la Parola. Magari leggendola la mattina, prima di andare all’università, o la sera, quando si torna da lavoro. Come una piccola sorsata d’acqua rigenerante tra una fatica e l’altra. Come la Nona di Beethoven ascoltata in pausa-pranzo. Se non altro, quest’avventura televisiva ci ha ricordato che, quando vogliamo, possiamo “accendere il televisore biblico” e ascoltare Dio (basta recuperare il libro delle sacre Scritture che teniamo sullo scaffale in alto a destra pieno di polvere). Senza limiti d’orario. Ovunque ci troviamo. Giorno e notte.


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