martedì 28 ottobre 2008

Il mio romanzo - Giorno 3

Domenica 26 ho iniziato a scrivere il mio romanzo. Sono entrato nella vita di Andrea, il mio protagonista, mentre si trovava su una spiaggia indiana, in un'altra domenica 26 di quattro anni fa.
Io e Andrea ci conosciamo da quasi tre anni. Da quando si presentò a casa mia e mi chiese di raccontare la sua storia. Io mi sono seduto, e l’ho ascoltato. Ho cercato di capire chi fosse, quali emozioni volesse trasmettermi, perché avesse l’urgenza di raccontarmi la sua vita. Ho imparato a conoscere sua moglie, suo figlio, i suoi amici, i suoi colleghi, la città dove è nato e i paesi che ha visitato. Parlavamo la mattina presto, appena svegli. O la sera, durante la cena. O di notte, nei sogni. E a poco a poco ho imparato a conoscere i suoi pensieri, il suo punto di vista sul mondo, il suo amore per i viaggi e le partite di tennis, l’eccezionale acume con cui analizza le persone ma anche la fragilità che nasconde dietro il suo sarcasmo. Voleva che io scrivessi subito, che iniziassi a raccontarlo dal principio alla fine. Ma io gli ho spiegato che sono uno scrittore, non un biografo. Non potevo limitarmi a copiare la storia che mi avrebbe raccontato. Dovevo rielaborarla, strutturarla, farla mia. Trasformare in narrativa, attraverso l’uso magico delle parole, ciò che per lui era vita vissuta. Andrea ha sbuffato. Non capiva. L’unico racconto che ha scritto nella sua vita era di un solo rigo. Poi però ha compreso, quando gli ho spiegato che i romanzi sono come il vino: hanno bisogno di fermentare, di crescere nella testa di uno scrittore. Devono prendere aria, alimentarsi dell’ossigeno dell’esperienza, lievitare lentamente.
Ora l’attesa è finita. Andrea mi ha salutato ed è tornato nel suo mondo (esisterà un mondo parallelo in cui vivono i personaggi?), lasciandomi solo, di fronte alla pagina bianca, e a quella meravigliosa e terrificante scritta che è: Capitolo 1. In realtà non mi ha abbandonato. E’ sempre accanto a me, nel pensiero. Ed è felice, perché sto raccontando la sua storia. Anche se nessuno ancora la conosce, anche se prima che io finisca di scriverla passeranno varie stagioni. E io mi sento come una donna incinta che ha appena iniziato i nove mesi di parto. Dentro di me c’è un potenziale bambino che io dovrò alimentare, settimana dopo settimana, e far crescere con amore e dedizione. Finché un giorno, quando tutte le parti del bambino saranno complete, potrò finalmente partorire… (si spera nelle librerie d’Italia), e da quel momento il mio bambino non sarà più solo mio, ma sarà di tutti quelli che vorranno leggerlo. Ma è così lunga la strada e così difficile il cammino che per adesso posso solo sognare. E scrivere di Andrea… l’uomo che un giorno bussò alla mia porta e mi chiese di raccontare la sua storia.

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