Nel 1998 esce nelle sale di tutto il mondo “The Truman show” (scritto da Andrew Niccol, diretto da Peter Weir).
Truman Burbank vive nella tranquilla e pacifica cittadina di Seaheaven.
Ha una moglie premurosa, degli amici simpatici, dei colleghi disponibili.
Tutto è perfetto e uguale a se stesso. In città non esistono conflitti, rivalità, invidie, problemi. Le giornate scorrono incolori e pacifiche.
Ma il mondo idilliaco di Truman è una bufala, un’impostura, una finzione.
Truman è il protagonista inconsapevole di una soap-opera in cui tutti quelli che conosce sono attori che recitano una parte.
La sua vita va in onda 24 ore su 24 e penetra nei salotti degli spettatori di tutto il mondo, mentre albe e tramonti costruiti al computer e un cielo di plastica scandiscono la sua esistenza costruita sull’inganno.
Ma Truman capisce e si ribella.
Il suo mondo perfetto e patinato, dove tutto è rassicurante e ipocritamente giusto, non vale la rinuncia alla conoscenza della verità, per quanto crudele possa essere.
Il nostro “Truman show”, la nostra “Seaheaven”, il nostro mondo perfetto filtra per noi le notizie che vorremmo ascoltare.
Ma la verità è altrove. La verità, come direbbe Fox Mulder, è là fuori.
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