martedì 27 febbraio 2007

I frignoni di sinistra e l'esilio in Burundi

Mi ero ripromesso di non parlare di ********, ma dopo quello che è successo ultimamente non resisto alla tentazione. In verità la prima reazione agli avvenimenti dell’ultima settimana poteva riassumersi in una serie infinita di “colorite esternazioni gergali”, altrimenti conosciute col nome di parolacce, rivolte prevalentemente a quei ridicoli buffoni (i quali mi scuseranno per il complimento) protagonisti di quell’orrendo film andato in onda in parlamento. Fermo restando che qualsiasi essere senziente troverebbe grottesco il fatto che basti una semplice influenza (capace di mettere ko un senatore e di farlo rimanere a casa) per impedire alla maggioranza di rimanere tale (e figuriamoci se, come in questo caso, non di influenza si tratta ma di dissenso manifesto sul programma di governo), volevo parlare di un altro aspetto della faccenda.

Il fatto è che troppo spesso sono i sostenitori di una squadra a vedere per primi i difetti e le mancanze del proprio collettivo e a criticarne l’inefficienza. Il guaio è che i giocatori della squadra medesima sembrano non voler ascoltare il parere dei loro “tifosi”, continuando a cascare negli stessi errori. Insomma, non credo sia un caso se le più sonore pernacchie, i più vibranti insulti e le più originali maledizioni siano arrivate in questi giorni non dagli avversari politici dell’Unione, ma dallo stesso popolo di sinistra, stufo di vedersi rappresentare da gente talmente ancorata alla propria posizione di partito e alle proprie ostinate convinzioni, da non riuscire a fare fronte comune per il bene collettivo. Pensando ai buffoni che vorrebbero rappresentarci (siamo l’unico paese civile della Terra in cui un governo eletto dal popolo non riesce a governare manco dodici mesi di fila!), che non si metterebbero d’accordo nemmeno sulla scelta del film da noleggiare il venerdì sera, mi vengono in mente le profetiche parole di Michael Moore.

Il celebre regista statunitense, in occasione dell’uscita del suo straordinario “Farenheit 9/11” (documentario illuminante sulla politica del governo Bush e sul dopo 11 settembre, Palma d’oro al Festival di Cannes 2004), riferendosi ai democratici di sinistra del suo Paese, si espresse con le seguenti parole:


“Sono una massa di frignoni, senza spina dorsale. Mancano di carattere. I democratici non riescono a vincere un’elezione neanche quando vincono. Sono perdenti anche quando vincono. Sono patetici. Almeno i repubblicani e quelli di destra credono in qualcosa. Difendono e lottano per ciò in cui credono. Quelli dell’altra parte invece non sanno che pesci prendere. Non concluderemo mai niente con questa gente. Ecco perché vincono sempre gli altri. Questo è triste considerando che viviamo in un paese liberale.”

(Conferenza stampa di presentazione del film – New York, luglio 2004)


Inutile dire che Moore è un democratico, ed è il primo ad accorgersi delle mancanze della sua “squadra del cuore”. Inutile dire che quattro mesi dopo le sue dichiarazioni, il repubblicano Gorge W. Bush ha vinto le elezioni battendo il democratico John Kerry, considerato un candidato “troppo debole” dalla maggior parte degli opinionisti americani. Inutile dire che potremmo tranquillamente parlare dei nostri ******** di centrosinistra utilizzando le stesse parole che Moore ha utilizzato per i suoi democratici. Insomma, tutto il mondo è paese. Se d’altra parte il soprannome del leader della coalizione al governo è “mortadella” qualche riflessione in proposito è d’obbligo.

Soluzione: il suicidio di massa? L’esilio in Burundi? Ognuno è libero di scegliere la soluzione migliore, nella speranza comune di un futuro diverso…

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