domenica 17 giugno 2007

I detrattori

Parlare male degli altri è facile. Soprattutto se sono assenti. In certi ambienti è una tradizione di famiglia. In altri rappresenta una sorta di pass per accedere al potere o al rispetto degli altri. In Italia è uno sport sempre di moda.
Parlare male degli altri ci consente di ravvivare conversazioni asfittiche. Quando ci troviamo a cena con amici, a un pranzo di lavoro, su un treno o in autobus, e la conversazione langue, basta tirare fuori qualche maldicenza e subito l’attenzione si ravviva. Se poi la maldicenza ha per protagonista sempre la stessa persona (diciamo il bersaglio più facile), è ancora meglio. Se poi la condiamo con particolari inventati e la gonfiamo con parole enfatiche il successo è garantito!
Parlare male degli altri ci fa sentire superiori, perché è scontato che noi non facciamo mai quello che critichiamo negli altri. Perché gli altri, quelli che critichiamo, si sono comportati veramente male e sono arroganti, presuntuosi, vigliacchi, invidiosi, intolleranti, avidi, bugiardi. Noi non lo siamo. Noi siamo perfetti o quasi. Ma gli altri invece… che gentaglia!
Parlare male degli altri con persone che parlano male degli altri ci fa sentire parte di una grande tribù. Io butto l’amo raccontandoti una certa cosa fatta da una certa persona. Tu abbocchi e ne tiri fuori un’altra. Allora a me improvvisamente viene in mente che quella persona è recidiva, perché quella cosa l’aveva fatta già tre anni prima. A te non pare vero di parlare dei misfatti del passato, e così te ne esci con altri tre-quattro aneddoti interessanti. Poi io proseguo con un paio di pettegolezzi non confermati e tu continui con una “voce di corridoio” che hai captato chissà dove. E nel frattempo non ci siamo resi conto che da più di mezz’ora stiamo parlando male di una persona, dipingendola come un essere spregevole, egoista e…
Parlare male degli altri ci fa sentire migliori. Gli altri di cui parliamo male sono sempre più fessi, ingenui, sciocchi. Sin dalle scuole elementari siamo educati a prendercela con il più fragile della classe, quello che quando lo sfottiamo non reagisce, quello che quando gli spezziamo la matita non si vendica spezzandoti la tua, ma ti chiede con quell’aria sperduta perché l’hai fatto, e al massimo lo va a dire alla maestra. Ce la prendiamo con gli sciocchi per sentirci più intelligenti di loro, più virili di loro, più esperti di loro, più preparati alla vita di loro. Parlare male di loro con gli altri amici ci diverte, ci rassicura, ci fa sentire importanti.
Parlare male degli altri, quando sappiamo che sono persone migliori di noi, ci consente di avere un potere su di loro. Abbiamo il potere di distruggerli, di gettare fango sulle loro vesti immacolate, di destituirli agli occhi della gente. Perché, alla lunga, parlare male di quelle persone di cui tutti parlano male, ci stanca. Ma parlare male di quelle persone di cui tutti parlano bene può essere molto appagante. Supportati da quel potentissimo alleato che è l’invidia, ci scateniamo in cattiverie gratuite alimentate dalla nostra fervida fantasia. Facciamo diventare il generoso un opportunista, il santo un diavolo, l’umile un orgoglioso, il benefattore un egoista. E scopriamo di trovare terreno fertile nell’invidia altrui. Infatti l’hobbie preferito dalla mediocrità è sparare sul genio. Lo sport più praticato dall’ignoranza è il tiro a segno sull’intelligenza. Chi vale più di noi non deve prevalere, quindi noi lo buttiamo giù, e lo facciamo con l’unica arma a nostra disposizione: la parola. Sappiamo che la nostra maldicenza si propagherà come uragano inarrestabile, e l’esserne la fonte ci inorgoglisce. Quando ci comportiamo così ci trasformiamo in detrattori (vedi citazione di S. Francesco in basso).
Chissà perché non parliamo mai male di coloro che ci possono dare qualcosa, di coloro che detengono il potere su di noi, di coloro di cui dobbiamo possedere la stima per riceverne in cambio favori, soldi, posizioni. O di coloro che ci fanno paura, perché sono bulli, mafiosi, corrotti. No, meglio prendersela con chi ci fa antipatia, con gli stupidi, con chi è migliore di noi.

San Francesco consigliava di non dire mai di una persona assente cose che non diremmo se la persona fosse presente. Riavvolgendo il nastro della mia vita mi sono reso conto che quasi mai ho messo in pratica questo consiglio.


A questo riguardo ripeteva spesso Francesco: "Il detrattore dice così: - Mi manca la perfezione della vita, non ho il prestigio della scienza, né doni particolari: perciò non trovo posto né presso Dio né presso gli uomini. So io cosa fare: getterò fango sugli eletti e mi acquisterò il favore dei grandi. So che il mio superiore è un uomo e alle volte fa uso del mio stesso metodo, cioè sradicare i cedri perché nella selva grandeggi unicamente il pruno. Miserabile!, nutriti pure di carne umana e rodi le viscere dei fratelli, giacché non puoi vivere diversamente! ". Costoro si preoccupano di apparire buoni, non di diventarlo, accusano i vizi altrui ma non depongono i propri. Sanno soltanto adulare quelli, dalla cui autorità desiderano di essere protetti, e diventano muti quando pensano che le lodi non raggiungano l'interessato. Vendono a prezzo di lodi funeste il pallore della loro faccia emaciata, per sembrare spirituali, in modo da giudicare tutto e non essere giudicati da nessuno. Godono della fama di essere santi, senza averne le opere, del nome di angeli ma non ne hanno la virtù.

Fonti francescane 770. Dalla vita seconda del Celano (biografia di san Francesco)

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