sabato 13 gennaio 2007

Cronache dal pianeta Terra

Era un pomeriggio sonnacchioso come tanti altri. E come molti altri stavo rincitrullendo davanti a quella scatola cubica posta al centro del mio salottino borghese piccolo piccolo.
Lì per lì non feci caso al rumore che proveniva dal giardino. In fondo si era trattato solo di un boato gigantesco seguito da terrificanti e prolungate scosse telluriche e dalla parziale distruzione della parete est del salotto medesimo.
Ma io stavo beatamente seguendo le disquisizioni esistenziali dei personaggi di Maria De Filippi. Ero dunque troppo assorto per avere percezione della realtà che andava oltre il confine della mia poltrona.
Sennonché dopo qualche secondo di silenzio un gigantesco calcinaccio si staccò dal soffitto precipitando senza paracadute sul mio nuovissimo tv color 24 pollici. E tutto ciò proprio mentre Genoveffa stava per confessare ad Ermenegildo che la sua avventura con Romeo era stata solo una “divagazione genitale” e non una “scelta neuronale” come qualcuno del pubblico aveva insinuato.
Arrabbiato e collerico (come ogni italiano a cui un calcinaccio distrugge il televisore), mi diressi in giardino per constatare l’entità dei danni.
Ed ecco apparire davanti ai miei allibiti occhi una specie di disco volante (ogni disco infatti è per definizione “volante”) posizionato nel bel mezzo della mia aiuola preferita, quella dei gelsomini.
Come nei migliori film di fantascienza lo sportello si aprì e vidi uscire un omuncolo di 70 centimetri scarsi, il quale con naturalezza si sedette sul mio prato e si mise a fumare un sigaro cubano.
Mi avvicinai con circospezione all’alieno, e stavo per chiedere qualcosa di banale del tipo: “Ma da che pianeta vieni?” quando lui mi anticipò chiedendomi: “Che ore sono?”
“Le tre e mezza del pomeriggio,” gli risposi.
“Che cos’è il pomeriggio?”, mi domandò.
Mi sentii improvvisamente come i concorrenti di “L’eredità” o “Chi vuol essere milionario?”. Forse dalla mia risposta sarebbe dipeso il futuro del pianeta Terra. Tremai di paura. E stetti in silenzio.
“Non importa,” mi fece lui, tranquillizzandomi. “Io mi chiamo
Arial Garamond Latha Trebuchet 34587 Sing Tau Green. Per gli amici semplicemente Arial. Piacere di conoscerti.”
Quello che seguì è troppo arduo da raccontare. Mi limito a dire che ospitai Arial nel mio appartamento.
E’ qui ormai da sei mesi, e sembra essersi ambientato alla vita terrestre. Tuttavia a volte il mio amico alieno trasecola di fronte a notizie apprese da quotidiani o telegiornali. La vita nel suo pianeta è molto diversa dalla vita terrestre.

Continua…

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