martedì 16 gennaio 2007

Vino d'annata

Molti hanno sottolineato il fatto che “Un’ottima annata” (A good year) sia la prima commedia del regista britannico Ridley Scott (classe 1937). In realtà Scott aveva già fatto un’incursione nel genere tre anni fa, dirigendo “Il genio della truffa” con Nicolas Cage. Semmai, è la prima volta che mette in scena una commedia dichiaratamente sentimentale, senz’altro l’opera più leggera che abbia mai realizzato.
Essendo il vino il protagonista virtuale del film, la distribuzione italiana ha fatto uscire “Un’ottima annata” per le feste natalizie, forse per permettere agli italiani di digerire con un buon bicchiere di vino rosso i vari cinepanettoni e cinepandori.
In realtà il vino è solo un pretesto per raccontare la solita storia dell’uomo cinico e arrogante che ha smarrito il fanciullino (pascoliano) che è in sé e che riscopre i veri valori della vita grazie all’amore per una donna sensibile e seducente che lo redime.
Il cinico in questione è Max Skinner, squalo mangiasoldi il cui habitat naturale è il mondo glaciale ed arrivista dei broker nella City di Londra. Raggiunto dalla comunicazione della morte dello zio Henry, nella cui tenuta in Provenza aveva passato gli anni più belli della sua infanzia, Max parte per la Francia per riscuotere l’eredità (la tenuta stessa, con tanto di vigna). Arrivato nel suo “posto delle fragole” (cioè il luogo dei ricordi), o per meglio dire “posto del vino”, si lascia pian piano sopraffare dalla vita placida e sincera della campagna, e collassa del tutto quando incontra un’affascinante francesina che gli scongela il cuore.
Tutto già visto e rivisto, direte. Sì, eppure…
Eppure il film è pervaso da una leggerezza, da un senso di sospensione, da una innocente semplicità che lo rendono irresistibile.
E poi Scott gira che è una meraviglia…
E poi Russell Crowe (che interpreta Max) è come al solito fantastico…
E poi i comprimari strappano il sorriso…
E poi a un certo punto, nella scena più romantica, si presenta Jacques Tati alias Monsieur Hulot…

E poi, soprattutto, appare lei.

Si chiama Marion Cotillard. Provare a descriverla sarebbe come cercare di spiegare a un cieco le sfumature dell’arcobaleno.
Di lei so soltanto che è nata a Parigi il 30 settembre 1975, ha studiato alla scuola di recitazione di Orléans, vincendo il primo premio del suo corso, e prima di approdare al cinema ha lavorato in televisione.
Lancio un appello ai familiari e agli amici di Marion. Se state leggendo queste righe, vi prego di darmi il suo indirizzo.
Prenderò il primo aereo per la Francia, per incontrarla di persona.
Mi basterà guardare i suoi occhi dal vivo per accertarmi che siano veri.
Le dirò “Enchanté, ma chérie” e aspetterò che mi sorrida…
dopo di che potrò andarmene felice.





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