lunedì 8 gennaio 2007

Il pinguino imperatore e la diseducazione civile

Dalle 16.30 alle 18.15 di ieri mi trovavo nel mio habitat naturale, il cinema, per assistere a Happy Feet, film d’animazione diretto da George Miller (il regista australiano della trilogia di Mad Max). Il film narra la storia di un pinguino imperatore, Mambo, che viene emarginato dal gruppo perché non sa cantare, cosa che tutti gli altri pinguini sanno fare sin dalla nascita e che permette loro di trovare l’anima gemella nella stagione degli amori. In compenso Mambo è un ballerino di tip tap formidabile, cosa che viene vista con sdegno e ribrezzo dagli anziani del gruppo. Naturalmente dopo alterne vicende, e dopo un incontro ravvicinato del primo tipo con gli esseri umani, Mambo si riscatterà imponendo le sue virtù e la sua diversità. La morale è semplice: sii te stesso e il mondo prima o poi ti sorriderà. L’idea di trasformare un pinguino (che già di suo indossa il frac) in un novello Fred Astaire e il film in una sorta di musical pinguinesco è notevole. Peccato che l’ambientazione bicromatica (il bianco della neve antartica, il nero dei pinguini) renda ripetitiva l’opera, non sorretta da una sceneggiatura che in alcuni punti vacilla pericolosamente e in altri scivola sul banale (ma d’altra parte ci troviamo sul ghiaccio e quindi scivolare è facile). Nonostante questo, e la sensazione di déjà-vu innescata dalla visione recente del meraviglioso (e live) La marcia dei pinguini, almeno un paio di sequenze (la danza delle orche e la corsa sfrenata di Mambo e compagni inseguiti da una valanga) meritano da sole il prezzo del biglietto. Il momento più alto del film è l’incursione a sorpresa (nel sottofinale) allo zoo, monito contro l’orribile abitudine di noi stupidi umani di rinchiudere in gabbia qualsiasi animale che possa sollecitare la nostra curiosità.

Mi sono dilungato troppo. In effetti, quando ho cominciato a scrivere, non volevo assolutamente parlare del film, e di ciò che era successo dalle 16.30 alle 18.15. Quello di cui voglio veramente parlare è ciò che è successo alle 18.16.
Alzatomi dalla mia postazione di spettatore insieme a mio fratello, mi avviavo verso l’uscita quando ho notato, per terra, una lattina di sprite con tanto di cannuccia, adagiata orizzontalmente con tutto il contenuto riverso attorno a formare un lago scivoloso e maleodorante. Una bambina, notando la lattina buttata per terra, si è rivolta alla madre dicendo (con la classica voce dei bambini piccoli che si rivolgono ai genitori): “Mamma, mamma, guarda che sono stati monelli!”.
Ora, diciamo che l’espressione che io userei per definire questi… monelli, che non hanno avuto nemmeno la decenza di compiere il semplice gesto di gettare la loro lattina nell’apposito cestino, è un tantino più colorita e sboccata.
Potrei giustificare i suddetti monelli riflettendo sul fatto che forse non hanno una “laurea in deposito di contenuti alimentari consumati in cestini per la spazzatura”.
Potrei giustificarli considerando che forse hanno problemi motori, e la lattina è caduta loro dalle mani involontariamente, e non l’hanno potuta raccogliere perché hanno problemi alla schiena e non si possono chinare, e non hanno potuto avvertire il gestore della sala perché sono sordomuti, e non gli hanno potuto scrivere su un foglietto di carta che bisognava raccogliere la lattina perché non sanno scrivere.
Forse, più semplicemente, hanno un Q.I. inferiore a quello dei pinguini che hanno appena visto sullo schermo (non quelli animati che parlano e ballano, ma quelli reali).
La verità, invece, è molto più banale. Questi monelli, di cui il mondo è pieno, sono il frutto sconsiderato di una mancata educazione civile che, evidentemente, né la famiglia né la scuola né la società, hanno saputo loro impartire. La loro diseducazione civile li porta a ignorare le conseguenze che i loro gesti hanno sugli altri, a fregarsene delle regole e del buon senso, a fare quello che gli passa per la testa (suppongo un vuoto d’aria) nel momento in cui passa.
Meno male che ancora ci sono bambine che guardando una lattina riversa per terra hanno il buon senso di dire: “Mamma, mamma, guarda che sono stati monelli!”.
Forse c’è ancora speranza.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Finalmente!! Meglio tardi che mai!! Ehehehe
Mi ha fatto piacere leggerti e sarò + contento se ogni tanto scrivi qualche recensione di film da non dover perdere!! :D :D
Mi è piaciuta la morale che è arrivatà làddove doveva arrivare senza aver visto il film e la speranza con cui hai chiuso il tuo commento....quindi chiudo anche io con una citazione di speranza...
«..E la speranza è l’ombra che ci accompagna ovunque a volte sembra morta ma è qui comunque e basta un po’ di luce anche se sta allo stremo per ritornare in vita là dove saremo e non ci perderemo nel cammino se lo sguardo in alto lanceremo…»

sam ha detto...

ciao sono quello che abbandonò la lattina..
non sono mica tanto certo che l'essenziale è invisibile agl'occhi, c'è puzza di metafisica!
Cheddici?

Giulio ha detto...

Quello che per alcuni è puzza, per altri è profumo.

Anonimo ha detto...

uffiii... mi hai raccontato il film, in breve!!! e vabbè... meglio così, perchè visto che ho la versione in francese, se non capisco qualcosa c'è sempre il tuo blog a chiarirmi le idee sulla trama!!! :ppp
battutacce a parte, che duci la bimba!!! che ci vuoi fare?!! siamo in un mondo che certo tanto civile non è... Neanche gli "eroi" riescono a far qualcosa per le questioni più pesanti... pensa un pò se qualcuno si cura della lattina!!! ormai per certuni è il rituale tipico da cinema... e che gli frega!!! fosse solo al cinema che funzionasse questa logica del menefreghismo saremmo fortunati!!!
ma aggrappiamoci pure alla speranza di antonioc ... bella massima!!!