venerdì 26 gennaio 2007

Il porto delle nebbie

Ieri sera ho avuto la grazia di rivedere “Il porto delle nebbie” (Francia, 1938), magnifico film di Marcel Carné. Ambientato nei pressi del porto di Le Havre, racconta la storia di Jean, un disertore, aiutato a nascondersi da un vagabondo e da un artista di strada, osteggiato da un ricettatore e da un delinquente vigliacco, innamoratosi di una povera e bellissima ragazza e condannato dal fato avverso a una fine tragica.

Marcel Carné, nato nel 1909 e figlio di un ebanista, dopo la scuola iniziò a lavorare in una società di assicurazioni. Poi la sua passione per il cinema prevalse. Diplomatosi all’école technique de photographie et de cinéma, iniziò a fare il critico cinematografico. Poi lavorò in pubblicità e fu assistente alla regia di Jean Renoir. Divenuto regista firmò molti capolavori. A fine carriera, nel 1976, filmò un documentario sui mosaici del Duomo di Monreale. Morì quasi novantenne nel 1996.

Il porto delle nebbie” costituisce una delle vette della collaborazione di Carné con Jacques Prévert, poeta e scrittore. I loro film appartengono alla categoria del cosiddetto “realismo poetico”. La scrittura poetica e realistica di Prévert e la regia decadente e romantica di Carné si sposano alla perfezione. Oltre a questo film gli altri due capolavori della coppia sono “Alba tragica” (Le jour se lève, 1939) e “Amanti perduti” (Les enfants du Paradis, 1945)

Di Jacques Prévert Piero Bianchi ha scritto: “è un romantico, un uomo del 1830 smarrito nelle periferie delle moderne città industriali.”
Nella sua sceneggiatura, adattata dal romanzo “Le quai des brumes” di Pierre MacOrlan, spiccano i dialoghi, di una tagliente ed efficace bellezza.
In una delle prime scene un barbone abituato a vivere per strada si rivolge a Jean dicendo:

Il mio sogno è di dormire una volta sola in mezzo a delle lenzuola. Dico in un letto vero, con un lenzuolo sopra e uno sotto.”

In un mondo in cui i nostri sogni sono popolati di Maserati e apparizioni televisive, forse converrebbe riflettere sul fatto che ancora oggi c’è chi sogna un letto su cui dormire, cosa di cui noi usufruiamo senza capirne l’importanza e la fortuna.

Poco più avanti, Jean viene accolto in una bettola. Innervosito si arrende all’evidenza e ammette di avere fame. Rivolgendosi al proprietario che gli offre da mangiare dichiara:

Quando si ha fame si dovrebbe dire: ho fame, e tutto si aggiusterebbe. E invece si sta zitti per orgoglio.

Memorabile il primo incontro con Nelly (Michele Morgan).

Jean le dice: “Un uomo e una donna non possono capirsi. E’ impossibile. Non parlano la stessa lingua.

E Nelly risponde: “Forse non possono capirsi, ma possono amarsi.

Freud applaude ancora oggi dalla tomba.

E poi il dialogo tra l’artista e Jean:

ARTISTA: “Voi amate la vita?”
JEAN: “Si. Per quanto ci siano dei giorni…”
ARTISTA: “E la vita vi ama?”
JEAN: “Finora è stata un po’ carogna con me ma… forse cambierà dato che a me piace.”

Jean è interpretato da Jean Gabin (vero nome Jean-Alexis Moncorgé). Jean Renoir lo definì “l’attore con la A maiuscola.”
Nato nel 1904, figlio di una cantante e di un attore di varietà, fu cresciuto dalla sorella in campagna. Abbandonò gli studi a 15 anni per fare l’operaio e il magazziniere, finché il padre non gli procurò un ingaggio come comparsa in un film. Da allora non si fermò più, e arrivò a recitare in una novantina di pellicole. Tra gli altri interpretò anche il ruolo dell’ispettore Maigret, creato dalla penna di Georges Simenon.
Probabilmente Jean Gabin è il mio attore preferito dopo James Stewart. Se dovessi scegliere cinque film tra i capolavori interpretati opterei per: La grande illusione, L’angelo del male, Il porto delle nebbie, Alba tragica e Grisbi.
Gabin morì il 15 novembre 1976 per un attacco cardiaco. Assecondando le sue ultime volontà il suo corpo fu cremato e le sue ceneri gettate in mare aperto, al largo di Brest, in Bretagna.
Immagino Jean nell’attimo della sua morte. Lo immagino di fronte allo specchio, pronto ad abbandonare questa vita per l’ignoto. E immagino che ripeta le parole scambiate con Michele Morgan nel film di Carné.

JEAN: “Dove stai andando?”
NELLY: “Non lo so.”
JEAN: “Allora andiamo dalla stessa parte.”

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